HANNO SCRITTO DI “SINDROME DI TORET” DI WILLIE PEYOTE

9 Maggio 2018

WILLIE PEYOTE

“SINDROME DI TÔRET”

ESTRATTO DI RASSEGNA STAMPA

 

Willie Peyote ha presentato il disco “Sindrome di Tôret” in diverse trasmissioni radiofoniche e televisive.

L’artista torinese è stato intervistato da TG Sky24, Rai News24 e da alcuni TGR regionali Rai. Ha partecipato a programmi come Variazioni sul tema e Nessun dorma in onda su Rai5, Kudos in onda su Rai4 e Splendor sui canali Iris e Premium Cinema. I canali musicali MTV e VH1 hanno inserito in rotazione il video del singolo Le chiavi in borsa.

Willie Peyote è stato ospite, con intervista e minilive, in diverse trasmissioni radiofoniche come Fuori Gioco di Rai Radio1, Rai Radio2 Babylon La lingua batte su Rai Radio3. L’album “Sindrome di Tôret” è stato presentato in radio anche a Radio105Radio Deejay, M2ORadio24Rai Radio Live, nel Gr2 Rai, a Radio Popolare Network e in numerose altre radio.

HANNO SCRITTO DELL’ALBUM “SINDROME DI TÔRET”:

Hanno parlato dell’album anche diverse testate nazionali e riviste di settore tra cui: Il Fatto Quotidiano, Il Manifesto, La Repubblica, Internazionale, Messaggero, La Stampa, Il Tempo, Il Resto del Carlino, Il Mattino, BlowUp, Rumore e tantissime altre.

“Le rime si appoggiano sulla musica (suonata bene) con una voce che non ha bisogno di forzare la metrica. Parla e canta, lui, con quel distacco di chi sa di avere un ottimo modo di esporre idee, trovassero anche il disaccordo di chi ascolta. […] Non ha paura di dire qualcosa di veramente politico, senza averne la presunzione, e poi perdersi nella borsa di una donna. È elegante, è torinese. Dovrebbe esserci la fila per featuring con lui.”

Il Fatto Quotidiano, recensione di Diletta Parlangeli del 6 ottobre 2017

“Né cantautore né rapper. Nemmeno una via di mezzo ma qualcosa di diverso. Willie Peyote viene dal rap ma ne ha superato i canoni raggiungendo con testi, voce e strumenti, un habitat irregolare […] Mescola jazz, pop, punk-rock, funk e hip hop con scanzonata disinvoltura […] Il suo è un fare musica libero, fresco e condivisibile.”

Il Manifesto, recensione di Luca Pakarov del 18 ottobre 2017

“C’è il tema della libertà d’espressione e dei limiti della stessa, a cavallo di un’epoca storica in cui la comunicazione continua ad assumere nuove e mutevoli forme, al centro della sua fatica discografica. Ironico e pungente, affronta il tema con accattivante maturità, strizzando ritmicamente l’occhio alla musica italiana degli ultimi quarant’anni.”

La Repubblica, articolo di Mattia Brighenti del 1 dicembre 2017

“Willie parla a tutti: a chi ha scoperto i social, e gli è slittata la frizione […] Si chiama consapevolezza, e Willie ne è una specie di alfiere.”

La Stampa, articolo di Giuseppe Bottero del 26 gennaio 2018.

“Forse è solo perché è preso bene, ha occhiali garbati e il baffetto, ma sembra quasi una specie di Randy Newman all’italiana che si nasconde dietro un’educazione sabauda, o un rapper che al posto delle solite buffonaggini minorili ci mette un’attitudine alla scrittura sensata, senza sbandierare né la marca dell’orologio né il marchio politico di riferimento […] Willie Peyote dice qualcosa.”

Internazionale, recensione del 13 ottobre 2017

“Le sue liriche danno un ritratto acuto e molto personale del presente in cui viviamo, offrono istantanee efficaci della società di oggi, ne immortalano le tendenze, ironizzano i suoi vizi e ne offrono una critica mai scontata.”

Gazzetta del Mezzogiorno, intervista di Nicola Morisco del 26 gennaio 2018.

“L’argomento principe attorno al quale fanno perno queste tredici canzoni fulminanti è proprio il desiderio frustrato di comunicazione. Di più: il naufragio comunicativo generato dalla limitazione della libertà d’espressione cui dà luogo un mondo omologato, represso, intriso di superficialità e spesso ignoranza. Willie Peyote dissotterra la musica e le parole, sostenuto da una indignazione che sono in pochi a potersi permettere con altrettanto acume, con la stessa allusiva ironia.”

Blowup, recensione di Piergiorgio Pardo del 1 ottobre 2017

Sindrome di Toret è un album molto politico in quanto il tema di riferimento è spesso l’estremo, la società e la sua personale interpretazione critica, mentre non trovano spazio l’ostentazione o l’autocelebrazione. Queste, però, sono le caratteristiche di Willie Peyote, chi lo conosce lo sa. E chi non lo conosce dovrebbe.”

Exitwell, recensione di Gianluca Grasselli del 1 novembre 2017

“Il timbro di Willie è personale, ha soul nelle corde. Ma anche swing quando canta. La peculiarità sta oltretutto in questo, ha acquisito padronanza vocale e coniuga con sicurezza flusso e melodia. Armato di parole taglienti, ha dalla sua la musicalità. Il rap qui se la intende con il funk, il jazz, lo swing, il soul, il dub, la disco, l’r’n’b, senza rinunciare a rock e pop. Nero e bianco. Paralleli e vicini come i tasti di un pianoforte. Un groove invidiabile. Un’evoluzione notevole. Applausi ”

Rumore, recensione di Barbara Santi del 1 ottobre 2017

Sindrome di Touret è un disco schietto, molto punk e la metafora con la patologia di Tourette rispecchia proprio questa incapacità di controllarsi e, nella fattispecie del disco, di star zitti.”

Mzknews, intervista di Alessio Boccali del 6 gennaio 2018

 

“Willie peyote è considerato una delle voci più innovative ed interessanti della scena hip-hop italiana. La sua penna sottile e acuta, unitamente alle sue scelte musicali versatili e raffinate, ne fanno un artista capace di raggiungere un pubblico vasto quanto variegato, trascendendo i limiti del genere a cui appartiene.”

Il Mattino, articolo del 24 ottobre 2017

“Schietto, asciutto, tagliente, le liriche di Willie Peyote ne fanno un vero e proprio cantautore moderno, pronto a mostrare le realtà intrecciate del mondo, delle relazioni, delle pulsioni, anche più fastidiose da accettare, con nichilismo raffinato.”

Il Tirreno, recensione del 2 dicembre 2017

“Mantenendo attivi riferimenti non banali della storia della canzone d’autore italiana Willie Peyote ha saputo fare colpo anche su un pubblico meno agganciato allo stereotipo dell’artista hip-hop. Proprio questo è uno dei suoi elementi di originalità.”

Il Messaggero Veneto, articolo del 7 dicembre 2017

“Una scrittura prossima al cantautorato per temi, contenuti e modelli di riferimento ma filtrata da un’ironia graffiante e sviluppata sotto le forme espressive del rap. Un equilibrio perfetto che ha poratto Willie Peyote ad imporsi come una delle figure più interessanti nel panorama musicale italiano.”

La Sicilia, intervista di Gianluca Santisi del 5 novembre 2017.

 

Oltre 700 testate online si sono occupate Di Willie Peyote come: Panorama.it, XL di Repubblica, RollingStone.it, Rockit.it, Rockol.it.

“Un album maturo ma non pesante, leggero ma non superficiale, scanzonato ma non strafottente, critico ma mai snob […] Un disco che rispolvera la brillantezza di scrittura già evidente nei lavori precedenti, come Educazione Sabauda, ma che qui trova un fil rouge a cui aggrapparsi e una profondità di visione figlia dei trent’anni passati, delle esperienze vissute e dei concetti fermentati.”

Repubblica XL, intervista di Giulia Zanichelli del 25 ottobre 2017

“Una carrellata di questioni molto serie, a tratti drammatiche, snocciolate con una leggerezza e un acume che ti fanno venire voglia di riderci su, e con uno spessore musicale che non ricorda affatto quella del classico rapper da vetta delle charts”.

RollingStone.it, intervista di Marta Blumi Tripodi del 6 ottobre 2017

“La musica di Willie è un mix di nichilismo e rock, poesia che vive di citazioni e concetti, ritmi aggressivi che quando serve sanno anche cullare.”

Panorama.it, recensione di Matteo Politano del 5 dicembre 2017

“Il disco richiama continuamente all’incontinenza verbale, alla necessità di lasciar fluire in maniera più che trasparente quanta urgenza c’è nel dover dire anche a costo di risultare politicamente scorretto […] Willie Peyote è molto bravo a scrivere, ha un flow convincente e il giusto carisma nella delivery. Dice cose intelligenti e con un certo piglio, risultando più che efficace. La scrittura è coinvolgente, lucida e sempre abbastanza vigile su sé stessa da non scivolare in populismi davvero troppo facili in un concept disc che ruota attorno alla libertà d’espressione.”

Rockit.it, recensione di Raffaele Lauretti del 25 ottobre 2017

“I contorni musicali pop, rock, jazz e funky accompagnano degnamente il piatto principale, un rap sempre fluido, ottimamente prodotto e parecchio ispirato a livello di idee […] Sindrome di Tôret è un gran bello spettacolo. Tagliente, ironico già dal titolo, irriverente ma mai sopra le righe. Intrattenimento (sui generis) critico e intelligente, di quello che ti fa sorridere quando ammetti a viso aperto qualcosa che fin lì avevi solamente pensato.”

Rockol.it, intervista di Marco Jeannin del 12 ottobre 2017

“Nel corso del disco Willie Peyote tratta argomenti seri che inquadrano il momento che la società sta affrontando e lo fa con leggerezza, irriverenza ed ironia riuscendo a strappare anche un sorriso all’ascoltatore, il tutto viene reso con uno spessore musicale che non ricorda affatto quello di un rapper. L’artista torinese è riuscito a inserire la musica suonata nei suoi pezzi rap infatti ha definito questo album come la perfetta congiunzione tra la sua anima rock e quella hip hop.”

Musiccoasttocoast.it, recensione di Andrea Lisbo Parrella del 7 ottobre del 2017

“I testi rimangono ispiratissimi, ogni rima una staffilata, vero punto di forza e tratto distintivo di questo autore. Willie Peyote continua a raccontare in maniera spietata, sarcastica e attenta i mali di questa società, i nostri tanti vizi contaminati da social e personaggi di dubbia morale.”

CheapSound, recensione di Alessio belli del 6 ottobre 2017

“Per i più attenti, però, il riconoscimento del talento di Peyote non è inaspettato, ma è solo la giusta ricompensa per una musica ben scritta, suonata e cantata dai testi densi e profondi.”

Socialup.it, intervista di Sandy Sciuto del 12 gennaio 2018

“La scrittura strappa diversi sorrisi e riesce a regalare qualche sintetico accostamento anche molto ficcante, si tratti di pungenti sarcasmi sugli webeti aspiranti Alberto Angela o di semplici immagini […] Musicalmente il bilancio è ambivalente: l’approccio suonato e il background punkettoso di Willie restituiscono una palette di basi davvero ampia [… ] Ci sono anche blues belli muscolari a base di armoniche e groove serrati che poi si aprono a ritornelli belli pop (Portapalazzo), e pettinata dance rockista (Donna Bisestile, prodotta da Jolly Mare, e Vilipendio).”

Sentireascoltare.it, recensione di Luca Roncoroni del 9 ottobre 2017

“Willie è oramai certezza assoluta tanto nella tipologia di proposta musicale quanto nella qualità della stessa. E quindi rime dall’impatto ironico e frizzanti ma dal retrogusto amaro e/o malinconico, adagiate una volta ancora su strumentali, come sempre made by Frank Sativa & Kavah, analogiche, grasse e stilose. Gran bel disco, dunque, da ascoltare a ripetizione dalla prima alla tredicesima ed ultima traccia.”

Impattosonoro.it, recensione di Gabriele Bacchilega del 31 ottobre 2017

“Sindrome di Toret: un disco “grosso”, ricco di suggestioni, riferimenti e plurime influenze. Tra rap e stand-up comedy, tra il mercato di Porta Palazzo e la curva del Toro”.

Outsidersweb, intervista di Mattia Nesto del 6 ottobre 2017

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