VICK FRIDA “THISASTRO” Una pioggia di stelle sull’umanità”


VICK FRIDA – THISASTRO
Una pioggia di stelle sull’umanità
(Frutta Records / Self)
“Gli avvenimenti di Babele sono forse un disastro ma al tempo stesso – ed è questa l’etimologia della parola “disastro” – una pioggia di stelle sull’umanità.”
(George Steiner “Dopo Babele”)
Le parole del grande scrittore e filosofo Steiner sono lo spunto per presentare il senso e la forma del nuovo disco dei VICK FRIDA, il secondo della formazione toscana. Ospiti del disco Mario Venuti, Giovanni Baglioni, Mauro Ermanno Giovanardi.
Perché THISASTRO? THISASTRO perché suona come disastro, ma anche come “questo astro”, e può suggerire che questo astro (la Terra) sia un disastro. Questa lettura, pur non essendo del tutto oltre le nostre intenzioni, non è quella che vogliamo suggerire. Ci siamo impegnati piuttosto nel sottolineare l’accezione positiva, l’occasione rigeneratrice dell’evento.
Il tema ricorrente è forse così riassumibile. “Il carattere generativo della distruzione e quello distruttivo della generazione” Avveduto ottimismo insomma.
Dentro THISASTRO c’è tanto. C’è una cura fatta di dettagli, di pazienza. C’è un lavoro fatto di passione. C’è forma. E c’è sostanza. Ci sono riflessioni figlie della necessità che ognuno ha di dare un nome alle cose, di ordinarle e collocare se stesso, la propria esistenza, in un disegno più grande. Un disegno che sia possibile scorgere, intuire o almeno immaginare. La ricerca di un orizzonte accettabile, sufficiente a farci ritrovare l’orientamento, riprendere un cammino.
C’è un incoraggiamento che pervade tutti i testi, un incoraggiamento che parte da una resa, dall’accettazione di questo presente storico come l’unico su cui possiamo agire. Si osserva un mondo “ultraevoluto” ma evidentemente miope, bilanciato in un equilibrio che tralascia la compassione e l’interesse collettivo. Uomini immersi in esistenze parziali che lasciano affamati di una fame di senso che il progresso tecnico e l’efficientismo non possono sedare, ingannare a lungo. A fronte di simili aspetti in grado di spaventare, che già spaventano e annichiliscono, c’è un invito a tentare di fiorire anche con poca luce, a compiere il sorriso necessario a far dischiudere la meraviglia, a cedere a “la tentazione di esistere”.
I Brani di THISASTRO
ANCHE I FILOSOFI – ospite Mario Venuti
IL MIO SGUARDO SULLE COSE
VIENI QUA
VELOCI E LENTI
FIGLIO DEL MIO TEMPO
ANDATA E RITORNO – ospite Giovanni Baglioni
PRECIPITATO ASSOLUTO – ospite Mauro Ermanno Giovanardi
L’ULTIMO CIELO
LA STRAVAGANZA
THISASTRO
Una pioggia di stelle sull’umanità
Guida all’ascolto redatta da ENRICO FRIDLEVSKI:
ANCHE I FILOSOFI:
La canzone se ne va concludendo che anche i filosofi lo sanno che è la musica. Cosa sanno? Sanno che la musica più chiaramente e più fortemente di molte filosofie e religioni riesce a far percepire all’uomo qualcosa di più grande di più importante qualcosa che lo scuote e gli amplifica l’esistenza. Ci fa sentire ammessi al cospetto di qualcosa di sublime, ed essendo la musica prodotta dall’uomo stesso, in qualche modo lo rende capace di un azione divina, tanto è forte l’emozione e l’incantesimo che questa arte opera sull’uomo. La musica facilita l’innamoramento, avvicina, unisce, come e perché lo faccia è un mistero ed anche i filosofi lo ammettono.
IL MIO SGUARDO SULLE COSE:
Appartengo a quello che potremmo definire il ceto medio e sono nato in occidente. Lamentarsi è già un insulto a chi è stato ed è decisamente meno fortunato. Mi rendo conto che nonostante un relativo aumento della coscienza collettiva, della promozione dei diritti umani ed una teoricamente più equa distribuzione delle risorse sul pianeta, navighiamo ancora e nuovamente in un periodo di accentuate diseguaglianze. Penso che non mi sono mancate le occasioni ma le mie scuse, la mia pigrizia è stata spesso più decisiva dei buoni propositi. Osservo questa profonda contraddizione, la contrapposizione tra lotta per la vita ed opulenza, la capacità dell’uomo di grandi gesti e di azioni incomprensibili, scioccanti. La prevaricazione nei confronti dei deboli, l’inquinamento a danno del pianeta. Mi sembrano cose difficili da spiegare ad un nuovo arrivato, ad un ipotetico figlio in grado di fare domande. Nonostante tutto cerco le parole migliori, la visione migliore che ho dell’esistenza.
“Tieniti forte e goditi l’onda d’urto che ogni vita porta, la contraddizione profonda la rabbia, la tenerezza che capiterà…”
VIENI QUA:
La possibilità di innamorarsi, la possibilità di rendere più probabile che ci si incontri nell’amore, inteso come sentimento eccezionale e molto raro, questa possibilità è legata al coraggio ed alla fede nelle proprie passioni, nel proprio credo, nel seguire se stessi, percorrere e quindi trovarsi sempre su l’unica strada dove questo incontro può realizzarsi veramente . Il cinema e la letteratura, ma anche le canzoni, viviamo immersi in una società dove sembra ovvio che ad un certo punto, anzi intorno ad una certa età ci si innamori e si intraprenda un cammino che vede la nostra testa “a posto”. Se non succede, potresti avere qualcosa che non va. Qui rifletto sul momento migliore perché ci si possa avvicinare in modo particolare all’anima di qualcun altro. Quando? “Subito dopo la serenità” Una serenità raggiunta in solitudine, una sorta di autosufficienza desiderante come condizione di partenza ottimale per avvicinarsi a qualcuno e non aggrapparsi a qualcuno, chi che sia. “E prima della paura”. Prima della paura appunto di restare soli, una paura che non deve essere terrore perché anche la paura , come la fretta, è una cattiva consigliera.
VELOCI E LENTI:
Una riflessione sulla giusta velocità da tenere nella vita. Possiamo decidere di abbandonare progetti, persone, intenzioni, luoghi fisici e non, appena ne scorgiamo i limiti, il confine, le prime avvisaglie di una routine che decidiamo di stroncare sul nascere. Possiamo abbandonarci all’abitudine, vivere lentamente, approfondire la nostra conoscenza di pochi, pensare che altrove non ci sia molto, riconoscersi nel pittore che osserva ogni dettaglio si da il tempo di entrare dentro il soggetto scelto.
Gli uomini sembrano avere passi diversi e ciascuno percepisce durante la propria vita momenti di relax/stasi e periodi frenetici, ricchi di avvenimenti. Probabilmente bisogna imparare a scegliere l’andatura nei diversi periodi, quella che più ci appartiene, così come un ciclista gestisce le proprie energie al fine di realizzare la gara migliore.
Non temere le discese offerte ma saper toccare anche i freni. Un ritratto richiede del tempo, uno scatto meno.
FIGLIO DEL MIO TEMPO:
Disorientamento, nichilismo, la mancanza di un orizzonte verso cui procedere, la sensazione di vivere un’epoca senza caratteristiche proprie definite ma solo un momento di passaggio tra due stazioni. Il brusio di fondo delle offerte promozionali, la politica incapace di ascoltare. Idee ed energie fresche ignorate, messe in attesa, svilite o sfruttate male e spesso soffocate. I trenta quarantenni sembrano non aver mai avuto modo di esprimersi , di dire la loro. I ventenni si ubriacano di presente per non sentire più dire che per loro non c’è futuro, se lo sono mangiato quelli prima. Il rischio di una profezia auto-avverante, “mortificali e saranno morti”. Ma ritengo l’abbandono, la ricerca di un fondo utile, utile a trovare una solida base, fatta proprio della materia di quella disfatta che solo chi rimane lucido nella sofferenza e non si stordisce di vuoto ottimismo e droghe più o meno metaforiche, può trovare per tentare di risalire. Sono figlio di questo tempo, un po’ gli somiglio, come succede ai figli, ne porto i tratti positivi e negativi indistintamente, ne porto i segni perché pur essendo distratto ed assente, sa farmi male ed avvilirmi come i padri assenti. Ma proprio mentre annego, anzi solo annegando, solo abbandonata la speranza e la sua zavorra mi scopro in grado di nuotare in questo fiume in piena che con indifferenza mi trascina e decide al posto mio, scopro che non so uscire, non so fermarlo ma so sfruttare le sue correnti per muovermi anche secondo la mia volontà. E’ questo il mio tempo, ne sono parte, posso non riconoscermici, bestemmiarlo, odiarlo ma lo conosco, gli appartengo ma anche lui mi appartiene.
ANDATA E RITORNO:
Ho cercato di fotografare una tendenza all’individualismo. Un’educazione sentimentale ed un esercizio esistenziale che sottopone la ricerca della felicità alla regola secondo cui non ci si salva se non da soli. La vita intesa come processo di liberazione dalla necessità degli altri. Una fuga dalla fragilità del bambino di sé verso l’autosufficienza intrinsecamente legata al successo professionale/economico.
C’è quindi questo percorso, questo esercizio del bambino e del ragazzo poi, alla solitudine tramite il distacco, in primis da una famiglia che non è poi così fredda forse ma tiepida sì, troppo tiepida. Nonostante questo esercizio apparentemente ben riuscito, in seguito ad un evento di per sé poco significativo, una caduta, un ginocchio sbucciato di quelli che ricordano la propria infanzia, c’è un ritorno a casa, una casa ormai irreparabilmente silenziosa. In quel luogo il figlio si accorge di somigliare al padre, l’uomo da cui ha cercato di prendere le distanze, una somiglianza che, si rende conto, non è solo fisica. Crolla, si incrina l’armatura. Piange il bambino e piange l’uomo che comprende e perdona qualcosa a quel padre ormai perso. Questo crollo, questo scioglimento, seppur tardivo lo rende fragile, vulnerabile, umano. lo dispone all’amore. Si innamora.
PRECIPITATO INSOLUTO:
Un lento ma inesorabile allontanamento dagli altri, l’incapacità di condividere riti collettivi di massa, di sentire di appartenere alla tribù. Precipitare e lasciarsi inghiottire da una solitudine psicotica. Una realtà altra, distorta ma lucida abbastanza da realizzare che “Dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva” _ Johann Christian Friedrich Hölderlin (1770 – 1843), poeta tedesco.
L’ULTIMO CIELO:
Una riflessione sul rapporto di coppia, sulla frequente difficoltà di armonizzare questa condizione e renderla duratura e durevole. La sensazione di trovarsi come prigionieri della coppia, prigionieri del rapporto che culla, protegge ma tiene anche in una sorta di cattività. Trovarsi a stringersi e darsi coraggio reciprocamente proprio come due vittime di un sequestro. Guardare il cielo pensando che forse quello è l’ultimo cielo che guarderemo insieme
LA STRAVAGANZA:
L’importanza dell’ostacolo, della ribellione per l’identificazione di sé come elemento che differisce rispetto al resto. La provincia, la sua frequente mancanza di spunti per gli adolescenti. Il sistema scolastico che molto indottrina e poco crea, stimola interesse. Finiscono comunque per fornire un importante ostacolo a cui reagire, entro cui scegliere la propria forma dal blocco di marmo.