TOMMASO DI GIULIO “PER FORTUNA DORMO POCO”

9 Dicembre 2013

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Per fortuna dormo poco

Tommaso Di Giulio


Il titolo del disco, come tutte le canzoni in esso contenute, nasce da un incontro/scontro tra due o più opposti. E’ un disco sull’insonnia come arma fondamentale del cantautore moderno che non si può permettere di fare l’artista maledetto (nel senso romantico del termine) ma che deve anzi dividersi tra mille impegni e doveri diversi per potersi ritagliare, quasi sempre di notte, un po’ di tempo per mettere in musica le impressioni e le inquietudini accumulate durante la giornata. E’ un disco irrequieto, dove convivono generi musicali anche antitetici, pieno di metaforici incontri di boxe che vanno avanti sin dall’alba dei tempi: il viaggio vs il ritorno, l’amore vs la rabbia, l’immobilità vs il movimento, l’Italia di chi si lamenta e non fa niente per cambiare la situazione vs L’Italia che non conferma la regola, il giorno vs la notte. La frase Per fortuna dormo poco, non a caso, è di certo una contraddizione in termini e una provocazione, ma è anche la verità. E’ vero: io dormo poco, per fortuna.

Una notte, intorno alle 2.30 (quindi una mattina? Ma la mattina non è quella cosa che inizia dopo che ti sei svegliato?) mi ritrovavo davanti al mio portatile a scervellarmi alla ricerca di un titolo per il mio primo disco.

E si sa che i titoli sono importanti, figuriamoci il titolo per un esordio! Come sintetizzare in una parola  o in una frase, se possibile ad effetto, tutto quello che è contenuto in dodici canzoni che hai nutrito a lacrime e sangue per più di un anno? Si ma il titolo bisogna trovarlo, e anche in fretta ormai, che il disco tra poco uscirà. Decido quindi di chiedere aiuto a qualche amico, magari chiacchierando viene fuori un’intuizione geniale. Ma chi vuoi chiamare alle 2.30 che ormai sono diventate le 3? Poi mi ricordo che sul computer c’ho installato skype e che di amici svegli sicuramente ce ne sono, magari non a Roma e nemmeno in Italia, ma a Londra, in Cina, negli Stati Uniti, Parigi, a Buenos Aires, può darsi. Trovo così chi è partito perché non ne poteva più di un Paese immobile, chi se n’è andato per inseguire l’amore e chi perché con la sua laurea ci facevo qualcosa solo in Cina. E trovo persino chi di ”Parigi è bellissima, ho trovato un lavoro… Ma stavo meglio a Roma”. E li ritrovo al di la dello schermo, facendo lo slalom tra i fusi orari, e chiacchiero fino all’alba parlando di tutto e di niente, chiedendo ogni tanto consigli per questo maledetto titolo che si ostina a non farsi trovare. Guardo l’orologio che mi guarda a sua volta, sconsolato, con le lancette che colano come in un quadro di Dalì. Gli amici emigrati sono andati a letto anche loro, ognuno ad un’ora diversa. Io ancora no e rimugino sul fatto che gli amici lontani mi mancano, ma che per fortuna dormo poco, sennò chiacchierarci con differenze di fuso orario anche di otto ore sarebbe dura. Per fortuna dormo poco, meno male. Per fortuna…dormo poco! Eureka, il titolo era arrivato. Sintetico e veritiero, mi piace. Guardo l’orologio poi il letto, è troppo tardi, arrivato a questo punto dormirò domani.

Tracklist:

Domenica: Natale

Le mie scuse più sincere

Farò colpo

In confidenza

Lievito

Per fortuna dormo poco

Trasparente

Gli equilibristi

Digiuno

Voglio un monitor

Per  farti un dispetto

Le canzoni allegre

La struttura del disco:

Le canzoni di Per fortuna dormo poco si avvicendano in maniera atipica: la scaletta comincia infatti con toni chiaroscurali per diventare poi spostarsi, man mano, verso orizzonti sonori più accesi e ritmiche incalzanti; volendo potremmo dire che la scaletta del disco si sviluppa concettualmente al contrario di come vanno a finire la maggior parte delle storie d’amore, in cui , generalmente, prima si “balla” e poi si piange. L’ideale, ascoltando questo disco, sarebbe di poter ballare senza freni inibitori commuovendosi allo stesso tempo.

Domenica: Natale

E’ la prima canzone del disco, un brano new-wave incalzante con un testo tragicomico. Con un piede nel rock dei R.E.M. di  Automatic for the people e l’altro nel pop del Battiato anni ‘90, Domenica:Natale racconta la storia di un povero cristo che muore per amore la sera di Natale ma proprio all’ultimo, per non darla vinta alla vita crudele che si fa beffe di lui rispondendole a tono, decide di andarsene ridendo.

Le mie scuse più sincere

Canzone su di un amore finito e sull’incapacità di farsene una ragione. Il ritornello di Le mie scuse più sincere parafrasa l’infinito di Leopardi nello slancio di fare ammenda delle proprie colpe, promettendo di migliorare, di essere un uomo nuovo per riconquistare la donna amata che si è stufata di un compagno troppo egocentrico e malinconico. Musicalmente ci troviamo davanti ad uno strano ibrido di pop, swing e cantautorato ispirato agli chansonnier francesi.

Farò Colpo

Canzone a cuore aperto su due innamorati che si rincorrono, si sfiorano senza riuscire ad incontrarsi mai. E’ un brano sulla voglia di crescere insieme alla ricerca di un’armonia perfetta utopica e quindi impossibile. E’ una canzone contro il cinismo che celebra i difetti come una ricchezza, che invita a lasciarsi andare e lasciarsi travolgersi dai sentimenti forti, anche se possono far male. Si tratta di un rock evanescente, impreziosito da un avvolgente arrangiamento d’archi che evoca scenari cinematici da romance anni ’30. Ma è anche vicino alle atmosfere color pastello degli Smiths o del David Bowie di Hunky Dory.

In confidenza

Brano di denuncia che coniuga il country con un quartetto d’archi di stampo neoclassico e che si scaglia contro il progetto Erasmus che lacera coppie ed amicizie. Scherzi a parte: è il dolce-amaro punto di vista di un innamorato che avverte di vivere un rapporto emotivamente impari e che sente la mancanza di una ragazza partita per l’estero, una ragazza evidentemente più emancipata di lui, matura e determinata anche a sacrificare la vita di coppia in nome della carriera. Il dna musicale e testuale del pezzo riflette l’influenza, tra gli altri, di Nick Drake e Giorgio Gaber.

Lievito

Cuba e le ballate balcaniche, il valzer e una cameriera che sembra una fata uscita da un film classico anni ‘40. Ma colui che canta è troppo timido per parlarle e quindi ordina un altro caffè e sogna mille vite parallele con la donna dei suoi sogni.

Per fortuna dormo poco

La title track del disco. Brano elettro-pop che musicalmente è palesemente debitore al Battiato de La voce del padrone che parla di lontananza, di viaggi, d’amici lontani e di amori vicini, di futuri incerti e di speranza.

Trasparente

E’ la storia di una ragazza complessa e complicata, con problemi forse troppo grandi anche per chi cerca di starle accanto, lottando con tutte le sue forze per far parte della sua vita. Ma è anche la storia di un sogno di una vita migliore, che racconta la forza di un amore brandito come un arma contro un mondo ostile. E’ una canzone universale ma anche ben radicata nella contemporaneità: quella della mia generazione che vede la possibilità di avere una casa e un lavoro come un miraggio.  Per quanto riguarda le influenze musicali: la passione per i Radiohead, per il brit rock e per Non al denaro, non all’amore ne al cielo di De Andrè si fa sentire.

Gli equilibristi

Scena madre di un melò in bianco e nero che ancora non è mai stato girato, Gli Equilibristi è una cavalcata struggente che racconta di una storia d’amore sull’orlo di un precipizio, di una relazione appesa ad un filo. Gli Smashing Pumpinks di Mellon Collie vanno a braccetto con Sergio Endrigo.

Digiuno

Canzone arrabbiata ed engagè sul sentimento di amore/odio verso l’Italia, sfogo e j’accuse a tinte blueseggianti che bordeggia le invettive di Nick Cave ma che racconta anche la scissione tra la voglia di agire e disfare il mondo ed il senso d’impotenza che ci incolla alla routine quotidiana. “Rockcantautorato” potrebbe essere una buona sintesi.

Voglio un monitor

Una canzone che parla dei tempi che corrono più veloci di noi e che finiscono per  arrivarci alle spalle e morderci il posteriore come cani rabbiosi. E’ però anche un’altra canzone su due ragazzi  separati dalle distanze. In questo caso Lei ha pensato addirittura di andarsene in Cina perché, si sa, il mondo tra poco sarà tutto cinese. Lui s’incazza e non se ne da pace, s’arrabbia con lei che lo prende in giro anche a distanza perché troppo sentimentalista e sognatore ma ne sente comunque la mancanza. E’ un rock n roll forsennato ed anarchico contaminato d’elettronica.

Per farti un dispetto

Canzone nata sul tram 19 per sbollire una cocente delusione amorosa. Dance-pop screziato con influenze funk, debitore di molti ascolti di Beck, Talking Heads e Blur, è un inno che invita al sorriso come forma di rivalsa (un po’ come accadeva nel finale di Domenica:Natale) ma che inconsciamente segue un precetto della filosofia zen che consiglia di sorridere anche in caso di rabbia, perché pare che il corpo, ingannato dal movimento dei muscoli della bocca, rilasci comunque sostanze che fanno bene allo spirito.

Le canzoni allegre

Chiude il disco una canzone che contraddice quella che l’ha preceduta urlando a squarciagola che “le canzoni allegre non servono a niente” e che anzi, quando sei triste, peggiorano la situazione. Però “le canzoni allegre” è una canzone allegra. Come la mettiamo? E’ quindi un brano ossimorico e contraddittorio, caratteristiche che – come abbiamo visto – segnano un po’ tutto l’album. Andamento folk-rock anni ’60 e cori e chitarre beatlesiane donano all’arrangiamento un aria psichedelica e stralunata.

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