MURO DEL CANTO FIORE DE NIENTE
IL MURO DEL CANTO
“FIORE DE NIENTE”
(2016 Goodfellas)
Il Muro del Canto torna con il terzo e attesissimo lavoro in studio. Fiore de Niente. La band romana propone un album che mette in evidenza i propri tratti distintivi e, allo stesso tempo, introduce novità sia nella lirica che nella realizzazione degli arrangiamenti. Continua la ricerca di un linguaggio nudo e reale che prende nettamente e volutamente le distanze dagli artifici comunicativi del cantautorato contemporaneo.
La forza del dialetto capitolino, che da sempre nutre le salde radici della band, emerge chiaramente fin dal titolo: un omaggio alla tradizione canora romana descritta con tutta la disillusione e la rabbia dell’uomo che vive nel presente.
Il suono si compone di molteplici sfumature che vanno dal folk americano al blues più ruvido, dal sound irish alle colonne sonore marcatamente western di Ennio Morricone, passando attraverso melodie familiari agli chansonnier francesi che, annerite, romanizzate e spinte verso il rock arrivano a lambire il punk.
La voce è quella potente e profonda di Daniele Coccia che trascina l’ascoltatore nel suo mondo a tinte scure; batteria, percussioni e voce narrante sono di Alessandro Pieravanti; la chitarra acustica è quella delle ritmiche solide e distintive di Eric Caldironi; al basso la fantasia di Ludovico Lamarra; ruvida e graffiante è la chitarra elettrica di Giancarlo Barbati Bonanni; la fisarmonica dà voce alle melodie senza tempo di Alessandro Marinelli. Ospite insostituibile del sestetto romano, Andrea Ruggiero al violino.
Fiore de Niente è una contraddizione in termini. Il fiore, massima espressione della vita di una pianta, si contrappone all’idea del niente e del vuoto. Il risultato è una riflessione legata al tempo che stiamo vivendo: si esalta la capacità dell’individuo di fiorire anche nelle condizioni limitanti e opprimenti che la realtà di tutti i giorni ci impone.
Come nei due precedenti lavori, due tracce sono affidate alla scrittura e alla voce narrante di Alessandro Pieravanti. Il suo caratteristico spoken word porta l’ascoltatore in una dimensione narrativa che oscilla tra favola e teatro di strada.
L’album è stato registrato e mixato dal chitarrista Giancarlo Barbati Bonanni che ne ha esaltato la carica emotiva, realizzando quello che è il miglior prodotto in studio della band. Il disco, con le sue molteplici sfumature, affronta il tema della libertà ed è destinato a entrare nel cuore di chi era un ragazzo quarant’anni fa e di chi lo è oggi.
TRACKLIST
1 Ciao Core
2 Ginocchi Rossi
3 L’anima de li mejo
4 Madonna delle Lame
5 Fiore de Niente
6 Domenica a pranzo da tu madre
7 La neve su Roma
8 Figli come noi
9 Quando scende la notte
10 Se i lupi verranno a bottega
11 Venerdì
12 Come tre
13 Vivere alla grande
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FIORE DE NIENTE – DESCRIZIONE BRANI
Apre le danze con un trascinante motivo di fisarmonica “Ciao Core”, malinconica e rabbiosa riflessione sull’esistenza, libera soltanto in teoria, sospesa fra compromessi, rinunce, sogni di giustizia infranti e le mancate gioie del cuore.
Diversa nel tenore e nei ritmi, “Ginocchi Rossi” racconta con un blues rugginoso e cupo l’infanzia negli istituti religiosi, l’insofferenza per le ore di obbligata disciplina e l’abbandono a quelle di sfrenata libertà.
In contrasto con il ritmo trascinante e con la nera ironia del titolo “L’Anima de li mejo” affronta, senza mezze misure, i temi della morte, dell’esistenza e della vita, misteri impenetrabili per tutti.
“Madonna delle Lame” è una preghiera di vendetta, un’accorata richiesta di giustizia ad una madre che non conosce pietà, pronta a consolare gli indifesi e a sanare le ingiustizie terrene con il proprio intervento.
La title track “Fiore de Niente” è un manifesto del malcontento dei nuovi poveri, di chi fatica una vita intera per poi ritrovarsi a mani vuote, un’ esortazione alla reazione e alla lotta di classe.
“Domenica a pranzo da tu madre” è un racconto che scalda il cuore attraverso immagini familiari. Un pranzo domenicale fatto di gesti, sempre quelli, che danno calore al rito antico e profondo dello stare intorno a tavola con i propri cari.
Con l’andamento e il gusto di un classico anni ’60 “La neve su Roma” ci parla di un amore ribelle che rimane sospeso attraverso le epoche e le stagioni della vita, un amore che non si esaurisce mai, ma che torna soltanto di rado così come di rado cade la neve su Roma.
“Figli come noi” è una lacrima per le troppe vittime di abusi perpetrati da uomini in divisa e per chi deve sopravvivere a quel dolore.
“Quando scende la notte” è la prima canzone de Il Muro del Canto che racconta di un amore condiviso e corrisposto, in cui ci si arrende alla bellezza, non senza lotta ed inquietudine.
Breve e allegorica “Se i lupi verranno a bottega” sembra mettere in guardia contro il ripetersi spesso ciclico dei mali della storia; guerra, assolutismo e prevaricazioni violente.
“Venerdì” è una canzone liberatoria per chi aspetta di godere delle proprie ore di libertà dopo una settimana di lavoro. Il fascino illusorio del week end è l’occasione per indossare il vestito migliore e per provare a dimenticare.
La debolezza e la capacità di reazione dell’essere umano di fronte alle difficoltà della vita prendono forma su una forsennata cavalcata western. “Come tre” spiega che dal superamento di un male profondo si può ricavare una forza d’animo che vale tre volte quella di partenza.
“Vivere alla grande“, secondo racconto dell’album, è la storia di chi guarda all’infanzia con rimpianto, di chi pensa ai grandi progetti che aveva da bambino ma si ritrova oggi a passare il sabato tra centro commerciale, bingo e ristorante cinese, nel continuo tentativo di riscattare se stesso.